Anche il lavoratore a domicilio deve essere formato sulla salute e la sicurezza sul lavoro. Tuttavia il datore di lavoro non ha l’obbligo di completare la sua formazione con corsi su primo soccorso e antincendio.
E’ quanto stabilito dall’interpello numero 13 del 24 ottobre 2013 con il quale la Commissione degli interpelli del Ministero del lavoro ha risposto ad un’istanza presentata dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri che chiedeva delucidazioni in merito alla formazione dei lavoratori a domicilio, dipendenti di un’azienda, e alla eventuale definizione dell’abitazione come luogo di lavoro a tutti gli effetti e come tale soggetta alla valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro.
La Commissione ha sottolineato in primo luogo che il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire un’adeguata formazione e informazione in tema di sicurezza e salute sul lavoro anche a questa categoria di lavoratori in base a quanto stabilito dall’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011.
Quest’ultimo prevede un corso specifico suddiviso in due moduli: uno generico di 4 ore che affronta le tematiche principali relative alla prevenzione e alla sicurezza sul lavoro; un altro più dettagliato che prende in esame i rischi specifici di una determinata attività e del settore di appartenenza del dipendente e che, nel caso del lavoratore a domicilio, non soggetto a particolari rischi rispetto ad altre categorie di lavoratori, deve avere comunque una durata minima di altre 4 ore.
Le 8 ore totali di formazione, da equipararsi a tempo di lavoro effettivo, possono essere somministrate anche a distanza, in modalità e-learning, e il datore di lavoro deve assicurarsi che il suo dipendente abbia tutte le strumentazioni tecnologiche per seguire il corso in via telematica.
Nell’ambito della formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro, tuttavia, non sussiste l’obbligo da parte del datore di lavoro di istruire il lavoratore a domicilio sulle tematiche legate alla prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza, come prescritto invece per gli altri dipendenti dagli articoli 36 e 37 del decreto legislativo numero 81 del 9 aprile 2008, noto anche come Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro.
L’ articolo 3 del Testo obbliga invece il datore di lavoro a fornire anche ai lavoratori a domicilio i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate: tali attrezzature, di proprietà del datore di lavoro o di terzi, devono essere conformi alle disposizioni di legge.
Un aspetto molto importante chiarito dall’interpello è che il domicilio del lavoratore non è da considerarsi luogo di lavoro. L’articolo 62 del Testo unico sulla sicurezza infatti definisce luoghi di lavoro solo “i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”.
L’interpello della Commissione, infine, accenna alla legge n.877 del 18 dicembre 1973 che affronta il tema della tutela del lavoratore a domicilio, specificando, tra le altre cose, le situazioni per le quali non sussistono le condizioni per lo svolgimento di questa attività a distanza: in particolare un lavoro che implica l’impiego di sostanze o materiali nocivi e pericolosi per la salute del lavoratore e dei suoi familiari; un lavoro richiesto da aziende interessate da programmi di ristrutturazione, riorganizzazione e di conversione che abbiano comportato licenziamenti o sospensioni dal lavoro, per il periodo di un anno dall’ultimo provvedimento; un lavoro richiesto da aziende che, dopo aver ceduto macchinari ed attrezzature, intendano affidare una lavorazione precedentemente svolta in apposti reparti in azienda a lavoratori a domicilio.